Ramana Maharshi
Un uomo andò da Ramana Maharshi e disse: “Sono venuto da molto lontano, dalla Germania, e sono venuto per imparare da te”. Ramana rispose: “Vai allora da qualsiasi altra parte, qui insegnamo a disimparare, apprendere non è la nostra stada, vai da altre parti”.
Forse era uno studioso tedesco, forse conosceva i Veda e le Upanishad, probabilmente attraverso le sue conoscenze si era interessato a Ramana, leggendo le Upanishad era affiorato il desiderio di trovare un uomo di conoscenza. Muovendosi attraverso le pagine dei Veda si può diventare incantati, affascinati, magnetizzati, ipnotizzati. Si può iniziare a seguire un uomo che vede, di cui parlano i Veda, un uomo del calibro dei saggi delle Upanishad – un uomo che conosce. Forse era venuto a causa delle scritture.
Ma non conosci l’uomo che sa, lui è sempre contro le scritture, forse le scritture arrivano a lui, ma ti dirà lo stesso di abbandonare la scala che è stata utile – ti dirà: “Buttala via! Adesso che mi hai raggiunto non hai bisogno dei Veda o delle Upanishad, del Corano, butta via tutto! Adesso sono qua io, vivo!
Gesù aveva detto: "Io sono la verità, non hai bisogno di portare scritture". Ramana ha detto: “Allora vai da qualsiasi altra parte, qui insegnamo a disimparare, se sei pronto a disimparare, resta pure, ma se sei venuto per apprendere ancora di più, non è il posto adatto a te, vai da altre parti – le università esistono per imparare. Quando vieni da me, vieni per disimparare, questa è l’università del disimparare, l’università per creare la non-mente, dove qualsiasi cosa sai sarà portata via”.
Devi saper abbandonare tutte le tue conoscenze per poter diventare colui che sta conoscendo, per arrivare a perfezionarti, chiarificarti, in questo modo i tuoi occhi non saranno pieni con tesi, teorie, pregiudizi, concetti; un'assoluta chiarezza e trasparenza, in quel modo potrai vedere. La verità è già lì, è sempre stata lì.
Osho, Just Like That, Talk #1
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Ramana afferma: la conoscenza di sé è semplice, la cosa più semplice che esiste, poiché è così vicina! È già lì, ed è sempre stata lì. Puoi semplicemente guardare, entrare dentro, e non sei più un mendicante, sei diventato un imperatore e sei sul trono, con la corona, sei un re. Guarda solamente all’interno ... Ma questo è quello che dicono i Sufi, Ramana è un Sufi.
Adopero la parola Sufi nel più ampio raggio della parola. Buddha è un Sufi, Gesù anche, e così Ramana. Con Sufi intendo chi si è stancato delle filosofie ed ha iniziato a cercare nel reale, che non è più soddisfatto con cibo sintetico e sta cercando un nutrimento reale.
Ramana dice: la conoscenza del sé è la cosa più semplice di tutte – la più semplice che esista. Ma ascolta questa sentenza di Emanuele Kant, un grande filosofo, in contrasto completo: "la metafisica è un richiamo per la ragione di poter prendere come nuove le più difficili richieste, nominandole conoscenza di sé".
La filosofia le rende difficili, molto difficili, quasi impossibili – la filosofia si muove sempre più lontano da esse. Conoscere qualcosa sul sé non è conoscerlo, sapere qualcosa su Dio non è conoscere Dio, come può “intorno” essere realtà? Intorno e intorno ... continui a muoverti in cerchi, e tutto diventa impossibile.
Più diventi chiaro, calcolatore, scaltro, intorno e intorno, più lontano ancora, più sei rimasto fuori. Non è che conoscendo intorno conosci il sé, è semplicemente una questione di conoscerlo, diventare consapevole, non intorno, ma centrandolo. Siediti in silenzio con esso, e si rivelerà.
Ramana è nel giusto, deve essere nel giusto – sa che Kant non è nel giusto e che non può esserlo – non è mai andato vicino alla conoscenza del sé, anche se ha provato, con fatica, lavorando duramente – è stato uno dei più acuti intelletti, il suo acume non può essere dubitato, la sua logica è perfetta. Ma per quanto riguarda la conoscenza dell’interiore, è un cieco.
È come un uomo cieco che pensa sulla luce - è una cosa impossibile, come un cieco può pensare alla luce?
Osho, The Perfect Master, Vol. 2, Talk #1
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È successo, Maharshi stava morendo, il 13 aprile, giovedì, il dottore portò a Maharshi un palliativo per sollevare la congestione polmonare, ma lui si rifiutò: “Non è necessario, tutto succederà nel giro di due giorni”, disse, e dopo due giorni infatti morì.
Verso il tramonto, Maharshi chiese all’attendente di metterlo a sedere. Tutti sapevano che ogni movimento, ogni tocco, era doloroso, ma gli disse di non preoccuparsi. Soffriva di cancro – aveva un cancro alla gola, molto doloroso. Era perfino impossibile bere dell’acqua, o mangiare qualsiasi cosa, o muovere la testa. Perfino dire qualche parola era molto difficile.
Si sedette con uno degli attendenti che gli teneva la testa, un dottore iniziò a dargli ossigeno, ma con un movimento della mano destra lo mandò via.
Inaspettatamente, un gruppo di devoti seduti nella veranda fuori la sala, iniziarono a cantare Arunachala-Siva – un bajan che Maharshi amava molto. Aveva amato molto quel luogo, Arunachala, la collina su cui aveva vissuto – la collina che aveva chiamato Arunachala, ed il bajan era una lode, un elogio alla collina.
Ascoltandolo, gli occhi di Maharshi si aprirono brillando, fece un breve sorriso di indescrivibile tenerezza, dallo spigolo esterno dei suoi occhi lacrime di beatitudine iniziarono a scendere.
Qualcuno chiese: “Maharshi, ci stai realmente lasciando?”
Per lui era difficile dirlo, ma pronunciò queste poche parole: “Dicono che sto morendo – ma non sto andando da nessuna parte. Dove posso andare? Sono e sarò sempre qua”.
Ancora un respiro e niente più. Non c’era stata lotta, spasmi, o altri segni della morte: solo il respiro, e il suo prossimo respiro non arrivò.
Quello che disse fu d’immenso significato – “Dove posso andare? Sono sempre qua”. Non c’è un luogo dove andare, questa è l’unica esistenza che c’è, è l’unica danza – dove si può andare? La vita viene e va – ma dove possiamo andare? Siete stati qua ancor prima della vita.
Osho, Zen: The Path of Paradox, Vol. 2, Talk #6
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